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Il termine "penne mozze" viene in uso durante la guerra 1914-1918. Stava ad indicare gli alpini caduti sui campi di battaglia, cui appunto anche la penna si era spezzata.

Dalle 5 Torri dove le Truppe Alpine dell’Esercito nel giorno di San Maurizio 22set2021, loro Santo Patrono, animate dallo stesso spirito di servizio alla Patria, ricordano con la preghiera dell’Alpino tutti coloro che quotidianamente servono o hanno servito il Paese e quelli che hanno raggiunto il Paradiso di Cantore.
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Preghiera dell'Alpino anno 1950
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Preghiera dell'Alpino anno 1950
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Preghiera del soldato italiano aprile 1915
Natale sul Monte Pasubio anno 1916
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Preghiera alpino prima della Grande Guerra (1° GM)
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ROCCIAMELONE
Susa 1899 gli alpini vanno a collocare sulla cima del Rocciamelone a 3558 mt la statua in bronzo della Madonna. Il trasporto sulla vetta è affidato agli alpini del battaglione Susa: il 26, il 27 e il 28 giugno 1899 tutti i pezzi necessari per la posa della statua vengono trasportati al rifugio Cà d’Asti e riposti nella cappella.
La parte più difficile comincia il 26 luglio 1899: 60 alpini guidati dal tenente Parravicini e alcuni uomini di Mompantero trasportano a più riprese i vari pezzi della statua da Cà d’Asti alla cima, dove non esiste alcun sentiero. Alle 10 del 28 luglio 1899 la statua della Madonna raggiunge la vetta del Rocciamelone.

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STORIA

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Carnia 1916, fronte di Timau, Messa in prima linea.

La storia della Preghiera dell'Alpino
Riteniamo cosa utile informare i nostri lettori sulla genesi della Preghiera dell’alpino, oggi al centro di un positivo dibattito che ha preso le mosse da una lettera di don Valentino Quinz, già cappellano del 6° Alpini, apparsa nel numero di settembre 2005 nella rubrica Lettere al direttore .
Le tappe principali della sua storia
(da L’Alpino dell’ottobre 2015)
  • 1947: ritrovamento nell’archivio della famiglia del colonnello Gennaro Sora di una lettera alla madre, datata luglio 1935. In essa compare una sua preghiera elaborata per gli alpini dell’Edolo, battaglione da lui comandato, nella quale numerose sono le frasi poi diventate patrimonio di tutti gli alpini in armi e in congedo. Il col. Sora morì nel 1945 dopo un’avventurosa vita spesa al servizio della Patria sull’Adamello, alle isole Svalbard (impresa Nobile), in Africa Orientale e in prigionia in Kenia.
  • 11 ottobre 1949: don Pietro Solero, grande figura di sacerdote, di alpino e di alpinista, cappellano del 4º Alpini, in un incontro con l’Ordinario militare, mons. Carlo Alberto Ferrero di Cavallerleone, propone di «ritoccare e di rimodernare la Preghiera e di concedere la facoltà di recitarla dopo la Messa in luogo della Preghiera del Soldato».
  • 21 ottobre 1949: mons. Ferrero approva e il vicario generale mons. Giuseppe Trossi comunica il nuovo testo della Preghiera a tutti i comandanti alpini.
  • 1972: mons. Aldo Parisio, cappellano capo del 4º Corpo d’Armata Alpino, chiede e ottiene dall’Ordinario militare, mons. Mario Schierano, di sostituire alcune frasi ritenute non più consone al momento che l’Italia sta vivendo. Perciò il «rendi forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra Patria, la nostra Bandiera, la nostra millenaria civiltà cristiana…» diventa: «Rendici forti a difesa della nostra Patria e della nostra Bandiera».
  • 15 dicembre 1985: il testo così modificato è definitivamente approvato per cui la nuova “Preghiera dell’Alpino” diventa ufficiale.
  • 26 settembre 1987: il Presidente Caprioli chiede e ottiene dal Consiglio Direttivo Nazionale dell’Ana che la Preghiera sia preferibilmente recitata, nella forma originale del 1949, quando le cerimonie sono celebrate in presenza di soli iscritti all’Ana e nel testo modificato nel 1985 in presenza di reparti alpini in armi che non possono evidentemente contravvenire agli ordini.
  • 6 settembre 2007: l’arcivescovo Ordinario militare, mons. Vincenzo Pelvi, reinserisce nel testo della Preghiera modificata nel 1985 il riferimento alla «nostra millenaria civiltà cristiana». Per gli alpini in servizio, dunque, il «rendici forti a difesa della nostra Patria e della nostra Bandiera» diventa: «Rendici forti a difesa della nostra Patria, della nostra Bandiera, della nostra millenaria civiltà cristiana».

Preghiera degli Alpini e volontariato
 
Da sempre il dibattito sulla Preghiera dell’Alpino è acceso, in particolare sul passo che recita: “Rendi forti le nostre armi…”. Nilo Pes, alpino doc, classe 1921, reduce del btg. Exilles, sottotenente di Aosta 1941, così pensa sulla Preghiera dell’Alpino.
 
La Preghiera dell’Alpino riporta situazioni, fatti e sentimenti da noi vissuti, ma non cita il volontariato, oggi nostro orgoglio. Vogliamo rimediare? Dopo “millenaria civiltà cristiana” scriviamo “Aiutaci, o Signore, ad aiutare”. Anche gli alpini in servizio sono volontari, anch’essi “aiutano”, ma a norma di un contratto d’ingaggio; questo non toglie loro alcun merito, però il volontariato puro è solo nostro e quelle parole possono entrare a pieno titolo solo in una PREGHIERA DEGLI ALPINI IN CONGEDO Ne abbiamo gran diritto: non siamo più Truppe Alpine ma Associazione d’Arma, con funzioni e organizzazione tutte nostre. Solo penna, insomma, e niente stellette. E allora togliamo la roba di chi ha le stellette.
1– Via battaglioni e avanti sezioni. Via “nostre armi …” perché A.N.A. non è Gladio e neanche ha delega a sostituirsi agli alpini in armi davanti al Signore. Pregare per conto terzi sarebbe bislacca stravaganza. Ma la frase delle armi va tolta anche perché fu messa lì per dire una cosa ben precisa: “Se a Dio possiamo chiedere di rendere forti le nostre armi contro chi si limita a minacciare, significa che Egli è con noi in questa guerra di aggressione, che vinceremo perché siamo alleati suoi e Dio vince sempre”. La cosa ben precisa era una precisa autopropaganda. Era il 1940 ed il regime anche la nostra preghiera aveva occupato. Perché tenere ancora in vita lo slogan di chi ha buttato a morire tanti Alpini male armati? Per mancare di rispetto ai Caduti, alle vedove e agli orfani? Scritta nel 1935 come preghiera di un battaglione, accettata via via come preghiera di altri battaglioni, era divenuta preghiera delle truppe alpine e dell’A.N.A nel 1940. Nel 1940 noi entrammo in guerra ed ecco la nostra Preghiera invocare Dio che rendesse forti le nostre armi contro la Francia che, mezza invasa e in ginocchio, stava lì a minacciare la nostra Patria, la nostra Bandiera e la nostra millenaria civiltà cristiana. Un’assurdità ben precisa.. Ma la dura realtà della guerra non perdona le propagande assurde e ben presto al mio btg Exilles si cominciò a dire (sottovoce): “Contro avversari armatissimi abbiamo il fuciletto ‘91, il capo non può darci di meglio e allora, per cavarsela, questo meglio ci manda a chiederlo al Signore”. E, sempre sottovoce, si cantava un’amara Faccetta Nera: “Aspetta e spera che già il mitra s’avvicina”. Al btg Pinerolo la “armi forti” non fu mai letta. La preghiera delle armi forti cadde il 25 luglio ‘43, con chi l’aveva strumentalizzata. Cadde definitivamente. Alle adunate del 1948 e 1949 fu letta quella di Padre Claudio Enrico Bianchini, di Bassano, cappellano alla Tridentina. Nel 1950 il testo 1940 fu ripreso, corretto qua e là ed epurato della frase “proteggi il duce e il re”. – Lo slogan delle armi fu lasciato perché erano tempi di missili puntati, di madonne pellegrine e di cervelli fermi al 1940, mi spiegò don Vanni, cappellano al Btg Exilles in guerra e, nel 1950, consulente inascoltato sulla preghiera. I tempi cambiarono, i buoni cervelli seguirono e nel 1972 una commissione di alpini, di alpini laici, propose di sostituire lo slogan con “rendici forti a difesa della nostra Patria e della nostra Bandiera”. Frase perfetta e magnifico regalo per il nostro centenario: dava alla Preghiera dignità di preghiera, valorizzava la persona, rispettava le coscienze dei credenti e l’art. 11 della Costituzione. Il Comandante del 4° C.d’A.A. l’approvò e l’Ordinario concesse l’imprimatur, togliendolo all’altra, rimasta, come detto sopra, definitivamente soppressa. La nuova PREGHIERA DELL’ALPINO IN ARMI fu accettata dall’A.N.A. – Rendici forti (nell’animo), pregarono e pregano tuttora gli alpini in servizio, affinché possiamo, eventualmente, usare al meglio le armi che passa il governo. – Rendici forti (nell’animo), pregammo noi alpini in congedo, affinché possiamo operare al meglio per gli scopi che l’A.N.A. indica. – Togliendo “millenaria civiltà cristiana” l’Ordinario ha ceduto al multiculturalismo! – accusano oggi coloro che sanno insegnare all’Ordinario a fare il prete. Ecco gli incidenti che capitano a chi non viene informato: la Preghiera era stata lavata da una commissione di alpini laici nel 1972, cioè anni e anni prima che si cominciasse a parlare di Crocifissi da togliere e di multiculturalismo. Già che ci siamo, diamo un’altra informazione: “difesa della Patria” significa difesa dei confini con quello che c’è dentro: persone, istituzioni, cultura, identità, cioè difesa di tutto quello che “è” Patria, ivi compresa naturalmente la millenaria civiltà cristiana. La quale non è dottrina religiosa ma patrimonio nazionale, civile, sociale. Non occorre essere cristiani per volerlo difendere e non è materia specifica da Ordinario.
2 – Nel 1987 all’adunata di Trento ci fu una plateale contestazione di piazza: “Una preghiera senza armi indebolisce gli alpini!”. – “Cari piazzaioli, mai gli alpini furono tanto deboli come al tempo delle armi forti”. Questo bisognava dire ai contestatori e magari aggiungere che il Dio cristiano non si occupa di calibri e di esplosivi e che le armi vanno chieste al governo. Invece li lasciarono gridare e la circ. 1215 del 22.10.1987 riesumò la “armi forti” e tenne anche la “rendici forti”, rendendola obbligatoria in presenza di reparti in armi. Dal 2003 il Cerimoniale vuole solo la “armi forti”.
3 – La “armi forti” oggi non è più sentita come slogan, ma urta la coscienza di ogni buon cristiano anche perché chiede al Signore, padre di tutti, di mettersi con noi contro altri suoi figli. – Ma la preghiera dice anche “Armati come siamo di fede e di amore”. Le due frasi non sono confrontabili. L’una dichiara sentimenti personali, l’altra chiede operazioni da officina. Ad officine celesti. 4 – “Ma è tradizione!” A parte il fatto che la tradizione di una preghiera non trasloca in un’altra (e “altra” diventa ogni preghiera sottoposta a ritocchi, anche piccoli come nel caso nostro), la preghiera 1940 non originò alcuna tradizione perché mai gli alpini la sentirono propria. Io c’ero. In quei tempi la preghiera poteva essere letta solo dal cappellano militare e gli alpini la sentivano come una mezza predica e in più condita con uno slogan di chi li aveva sbattuti in guerra. Tradizione? No, imbarazzante ricordo. 5 – La ”armi forti” piace a molti.” Piacque alla piazza, cui era stata taciuta ogni corretta informazione sul testo del 1972. E purtroppo si continua a tacere. Oggi la preghiera 1950 piace ai molti che continuano a non essere informati. Gli alpini sono adulti e vaccinati, rispettiamo i loro diritti e informiamoli correttamente. La censura va lasciata a chi teme la cultura.
6 – La “rendici forti” è stata ufficialmente nostra unica preghiera dal 1972 al 1987, è stata obbligatoria per noi in presenza di reparti in armi fino al 2003. Tanto cattiva non doveva essere. Eppure oggi il Cerimoniale neanche la cita.
7 – La preghiera, anche letta in gruppo, è un rapporto spirituale con Dio e riguarda soltanto la coscienza del singolo. Nessuno ha competenza sulla coscienza altrui, ogni intromissione è abuso di potere. Certo nel 1940 questo non era un problema.
8 – Rapporto con Dio è spirituale, quindi chiedere armi forti o numeri del lotto è superstizione. Alle cerimonie la lettura della preghiera dovrebbe farci sentire uniti, ma la richiesta di armi forti a Dio esclude da quel magico momento gli alpini non superstiziosi. I male informati che vogliono la “armi forti” non si rendono conto di mettersi contro altri alpini, ma – io credo nell’alpinità – basterà informarli e rinunceranno volentieri a stupide armi mai calate dal cielo. Informiamoli con un dialogo a più voci perché la voce unica diventa voce del padrone.
9 – “Ma armi per noi non sono armi. Diciamo armi, ma intendiamo solidarietà e opere buone. Armi nostre? Ma neanche nostre. Ma Dio sa quello che pensiamo. Non importa quello che si dice, ma come lo si dice. Ma noi lo diciamo in buona fede e col cuore”. Ma e ma e ancora ma, tanti davvero e davvero comodi. Però anche debolucci e portatori di un’altra stravaganza: richiesta di armi da rifiutare: richiesta di armi per avere badili. Anche questi calati dall’alto?
10 – La “armi forti” è una preghiera zoppa. Parola di Cerimoniale a pag. 17: “è valida solo per le manifestazioni organizzate dall’ A.N.A.”. Questo è inaccettabile! Noi siamo ALPINI e meritiamo una preghiera valida sempre e dovunque, non robetta da mezzo servizio a validità limitata, di terza mano, ufficialmente rifiutata per 15 anni.
11 – Zoppa e monca: dal 1972 è senza imprimatur e questo ha provocato l’im-pos-si-bi-le. Regole son regole e nostro punto d’ onore è osservarle, soprattutto se sono degli altri, in questo caso della Chiesa. La lettura della nostra preghiera in chiesa è consentita nella formula “Preghiera dei fedeli” e la regola appunto vuole che abbia l’imprimatur. Eppure il Cerimoniale, sempre a pagina 17, ci ordina, ecco l’im-pos-si-bi-le, ci ordina di violare in chiesa una regola della Chiesa. La prepotenza non è forza e non è un argomento: im-pos-si-bi-le quindi dar ragione a una piazza disinformata e torto al 4° Corpo d’Armata Alpino.
12 – Nel 2007 l’Ordinario rimise nella preghiera “la nostra millenaria civiltà cristiana” tendendo così la mano a coprire tutta la distanza alla quale era stato spinto. – Vogliamo anche “rendi forti le nostre armi”!- urlano i soliti male informati. Questo è parlare! L’Ordinario Militare va erudito: la superstizione merita l’imprimatur.
13 – Le “armi forti”, invocate per anni, mai sono scese dall’alto dei cieli. Finiamola dunque di rimestare parole che, a dirne tutto il bene, sono inutili. Siamo seri: neppure il disastro di Russia è colpa del Padreterno per armi non rese forti.
14 – “Armi forti” fu recitata ai funerali dei Caduti? Di quelle morti era moralmente corresponsabile e noi in quella lettura sentivamo puzza d’ipocrisia. E la sentiamo ancora. Tradizione, appunto. Scopo di questo lungo (e non sufficiente) parlare? Chiedere che gli alpini siano informati.
fonte ANA.IT
https://www.ana.it/preghiera-dellalpino/

Immagine della Madonna degli Alpini

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Il Santuario Madonna degli Alpini e S.Maurizio, sorge sul colle San Maurizio, a ridosso degli abitati di San Michele di Cervasca e di Vignolo.
L’attuale dedicazione è recente. Nel 1961 il santuario venne infatti cointitolato alla Vergine, su richiesta dell’Associazione Nazionale Alpini (A.N.A.) in quanto, la dedicazione precedente era a San Maurizio.
L’entrata in uso dell’edificio religioso è tra l’anno 1300 e l’anno 1400.
Da sempre il Santuario è sempre stato dedicato a San Maurizio, il culto del quale, già attestato nel basso medioevo, trovò nuovo impulso fra il il XVII e il XVIII secolo.
Oggetti del culto sono un  quadro della Vergine col Bambino tra le nuvole,  portato da alcuni alpini scampati al fronte russo nel 1940. L’ immagine mariana ha prevalso sul preesistente oggetto di culto, la settecentesca statua in legno di san Maurizio, usata per le processioni.

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Preghiere in piemontese
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